Sally Mann

Deep South

Se David Lynch dovesse fare un adattamento cinematografico di un romanzo di Faulkner o di un racconto di Flannery O'Connor, forse adotterebbe lo stesso stile visuale di Sally Mann. Dalle fotografie del libro "Deep South" (Bullfinch Press, New York, 2005) emerge un'atmosfera strana e decadente. Un prato, un tronco d'albero, un fiume immobile, evocano inquietudine semplicemente grazie alla loro nuda presenza.



La tecnica utilizzata per fotografare le ombre scure (più simili a una foschia che dilaga) e la luce diffusa del sole è quella del "collodio". Il procedimento risale al 1860 circa, e Sally Mann l'ha imparato da France Scully Osterman e dal marito Mark, dopo aver visto il loro "Altar Stone". Quindi ha girato il Profondo Sud degli Stati Uniti su un camper nel quale ha installato una camera oscura, riprendendo con una sensibilità diversa molti degli stessi luoghi ritratti dai fotografi ottocenteschi, e alcuni scenari della Guerra Civile Americana.



La Mann afferma di avere un rapporto particolare con il tempo, che è proprio degli abitanti di queste terre. La sensazione che vuole creare è quella di una immutabilità, una presenza costante del passato che susciti una malinconia indefinibile e perturbante. La luce, che è quasi sempre quella del tramonto, acquisisce quasi uno spessore, e gli scorci di paesaggio hanno una qualità esplicitamente onirica.



Trovate esempi del lavoro sul sito dell'autrice, ma vi consiglio soprattutto questo video, che passa in rassegna tutte le foto del libro.



Sally Mann è nata a Lexington, Virginia, nel 1951. Ha pubblicato i seguenti libri di fotografia: Second Sight (1983), At Twelve (1988), Immediate Family (1992), Still Time (1994), What Remains (2003), Deep South (2005), Sally Mann: Proud Flesh (2009), Sally Mann: The Flesh And The Spirit (2010)




(c) Alessandro Manitto
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